Risposta n. 348 del 14/06/2023

Superbonus – sconto in fattura – errore nella fattura e nella comunicazione all'Agenzia delle entrate – sanzioni applicabili alla compensazione del credito – articolo 13 d.lgs. 471 del 1997 -

Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

QUESITO

ALFA (di seguito istante), fa presente quanto nel prosieguo sinteticamente  riportato. L'istante riferisce che «in data 16 febbraio 2022 ha utilizzato in compensazione  ai sensi dell'art. art. 17 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 la quota annuale del credito derivante dallo sconto in fattura ricevuto in luogo del saldo dei compensi per i lavori  trainanti e trainati rientranti nell'agevolazione del 110% (c.d. superbonus di cui all'art. 119 D.L. 34/2020) effettuati [...] sul condominio ''[BETA], codice fiscale [...], sito nel comune di [...]. Nel dicembre 2022, dopo aver effettuato le comunicazioni di cessione del credito del secondo e ultimo SAL, la competente Agenzia delle Entrate di [...] ha notiziato di  aver annullato gli effetti dell'istanza di opzione esercitata ai sensi dell'art. 121, D.L. 34/2020 così come previsto al punto 3.2 del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate prot. 340450 del 01 dicembre 2020.
L'Agenzia ha rilevato, come in effetti è stato poi appurato dalla scrivente società,  un errore di compilazione delle fatture di vendita consistente nell'errata indicazione del codice fiscale del condominio [BETA] ponendo [...] in luogo di quello corretto già sopra meglio evidenziato. 
Tale errata indicazione si è poi riverberata nella comunicazione di cessione del credito esercitata ai sensi dell'art. 121 D.L. 34/2020 già citato. 
Considerando l'assoluta buona fede che ha condotto a tale errata indicazione  si è ritenuto opportuno procedere all'annullamento delle comunicazioni per l'esercizio dell'opzione di cui all'art. 121 già citato, relative al 1° SAL, così come previsto al paragrafo 5.3 della circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 33/E del 06/10/2022. Ciò naturalmente comporta il venir meno del credito e, conseguentemente, la necessità di riversare quanto compensato tramite ravvedimento operoso». 
Nel fornire risposta alla richiesta di documentazione integrativa, l'istante ha altresì  fatto presente e/o documentato: 
  • ­di aver effettuato direttamente i lavori rientranti nell'agevolazione del c.d. superbonus, affidando talune opere in subappalto;
  •  di  aver  concesso  al  condominio [BETA] lo  ''sconto''  con  riferimento  a tutti i  lavori effettuati in suo favore (primo e secondo SAL), emettendo, tuttavia, le relative fatture erroneamente nei confronti del codice fiscale [...]; ­
  • che le comunicazioni di ''sconto in fattura'', relative ad entrambi i SAL, sono  state trasmesse, nei mesi di dicembre 2021 e novembre 2022, per conto del codice fiscale  errato [...]; ­ 
  • di non aver mai reso alcuna fornitura o servizio in favore dell'intestatario del  codice fiscale [...] (erroneamente indicato in fattura); ­ 
  • di aver emesso, in data 8 dicembre 2022, due note di variazione in diminuzione  in base all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  633, a totale ''storno'' delle fatture errate; ­- di aver correttamente emesso, in data 9 dicembre 2022, le fatture in favore del  condominio [BETA];
  • che, essendo nel frattempo terminati i lavori, la comunicazione dell'opzione di  sconto in  fattura è  stata  poi  ripresentata,  per conto  del condominio [BETA],  per  ogni  intervento, senza suddivisione in SAL. 
Ciò premesso, l'istante, chiede di chiarire «se il credito da riversare rientri nella definizione di ''credito non spettante'' oppure in quella di ''credito inesistente'' poiché da  ciò dipende l'entità delle sanzioni da considerare quale base ai fini del ravvedimento operoso».

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, l'istante ritiene che: «il riversando credito debba essere considerato alla stregua di un ''credito non  spettante'' essendo pacificamente non realizzate le condizioni previste dalla norma (articolo 13, commi 4 e 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, ndr) per come  ulteriormente precisate dalla giurisprudenza degli Ermellini [...] (Cass., Sez. 5 Civ., nn. 34444 e 34445 del 16 novembre 2021 da ultimo richiamate da Cass., Sez. 3 Penale, n.  7615 del 3 marzo 2022, ndr).
Quanto alla prima condizione, infatti, si può certamente affermare che il credito in oggetto è ''reale'' e non connotato da alcun elemento di falsità, né materiale né ideologica, essendo i lavori che l'hanno generato certamente reali e indiscussi. La scrivente impresa ha, infatti, verificato che risultassero adempiuti tutti i requisiti previsti per l'accesso al c.d. superbonus, di cui all'art. 6 del Decreto Interministeriale del 06 agosto 2020.
Per quanto riguarda la seconda condizione occorre preliminarmente osservare come gli artt. 36­bis e 36­ter del D.P.R. 600/1973 e l'art. 54­bis del D.P.R. 633/1972 siano previsti in tema di ''dichiarazioni'' e non tanto di ''comunicazioni'' come nel caso che interessa.
E pur tuttavia, si ritiene che i controlli ''di congruenza e regolarità'' che hanno intercettato l'errata indicazione del codice fiscale nelle comunicazioni effettuate, si possano, cionondimeno, ritenere in forma estensiva loro pari, in ossequio al principio di collaborazione e buona fede che deve informare il rapporto fra contribuente e amministrazione finanziaria di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 10, L. 212/2000.
Parimenti a quanto dettato dagli artt. 36­bis e 36­ter del D.P.R. 600/1973 e dall'art. 54­bis del D.P.R. 633/1972, infatti, anche i controlli prestati in tema di comunicazione ex art. 122­bis, D.L. 34/2020 risultano effettuati ritraendo e comparando  i dati comunicati con ''i dati presenti in Anagrafe tributaria''. Per tutto quanto sin qui esposto lo scrivente ritiene di poter pertanto adottare il seguente comportamento: ­  Riversare tramite ravvedimento operoso la quota di credito già utilizzata in compensazione nell'anno di imposta 2022, considerando come sanzione ''base'' quella  del 30,00% prevista in caso di ''credito non spettante'', ridotta pro rata temporis, in relazione a quella che sarà l'effettiva data di versamento».

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
L'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, stabilisce che «4.  Nel caso di utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato. 
5. Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura  dei crediti stessi.[...] Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36­bis e 36­ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54­bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633». 
Una prima interpretazione, circa la differenza tra inesistenza e non spettanza del credito, è già stata  fornita con la  risoluzione 8 maggio 2018, n. 36/E, con cui è stato  chiarito che: «Con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, di riforma del sistema sanzionatorio amministrativo, è stata introdotta, all'articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, una definizione normativa di credito inesistente ­ da cui, a contrario, far derivare la definizione di credito non spettante ­ e uno specifico regime sanzionatorio nell'ambito  della  disposizione  dedicata  agli  omessi  versamenti.  Contestualmente,  è  stato abrogato l'articolo 27, comma 18, del decreto legge n. 185 del 2008. Allo stato,  quindi,  si  definisce  inesistente  ''il  credito  in  relazione  al  quale  manca,  in  tutto  o  in  parte,  il  presupposto  costitutivo  e  la  cui  inesistenza  non  sia  riscontrabile  mediante  controlli  di  cui  agli  artt.  36­bis e  36­ter  del  Decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29  settembre  1973,  n.  600,  e  all'art.  54­bis  del  Decreto  del  Presidente  della Repubblica  26  ottobre  1972,  n.  633.'' Tale definizione consente, tra le altre, di tenere conto della molteplicità dei crediti agevolativi presenti in ambito fiscale, così diversamente configurati dalle singole leggi istitutive, evitando che possa essere irrogata al contribuente una sanzione particolarmente grave nel caso in cui sussistano i requisiti sostanziali previsti dalla norma istitutiva del credito, ma non siano stati posti in essere esclusivamente gli adempimenti di natura formale (e sempreché l'effettuazione di detti adempimenti non sia considerata elemento costitutivo di maturazione del credito dalle stesse norme). Il riferimento operato al riscontro dell'esistenza del credito da utilizzare in compensazione mediante procedure automatizzate rappresenta, peraltro, una condizione ulteriore rispetto a quella dell'esistenza sostanziale del credito ed è volta a evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, fruito in compensazione indebitamente, possa comunque essere ''intercettato'' mediante controlli automatizzati (circostanza, questa, che priva la condotta del contribuente di quella lesività idonea a giustificare la più grave misura sanzionatoria)». Successivamente, anche la Corte di cassazione, con le sentenze n. 34444 e 34445,  entrambe  depositate il  16  novembre  2021,  ha  precisato  che la  definizione  di  credito  inesistente si desume dall'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997,  secondo cui si considera tale il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte,  il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile attraverso i controlli  di cui agli articoli 36­bis e 36­ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del  1973 e all'articolo 54­bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
Devono,  dunque,  ricorrere  entrambi  i  requisiti  per  considerare  inesistente  il  credito, ossia:
  1.  deve mancare il presupposto costitutivo (il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente);
  2.  l'inesistenza non deve essere riscontrabile con controlli automatizzati o formali. Ne deriva, a contrario, che se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi  non spettante. 
In  sintesi,  per  poter  qualificare  un  credito  come  inesistente  è  necessario  che  lo  stesso  sia  ancorato  ad  una  situazione  non  reale  o  non  vera,  «ossia  priva  di  elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza», non rilevabile attraverso l'attività di controllo automatizzato o formale, in  conseguenza del confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti conservati  ed  esibiti  dal  contribuente;  perché  il  credito  sia  non  spettante  e  necessario,  invece,  che la non sussistenza dei presupposti costitutivi del credito sia intercettabile in sede di  controllo automatizzato o formale. Tale principio è stato recepito anche dalla Cassazione penale con la sentenza n. 7615 del 3 marzo 2022. 
Ciò  detto,  nella  fattispecie  rappresentata  con  l'interpello  in  oggetto,  l'istante  chiede  di  chiarire  se  ­  nell'ipotesi  di  ''annullamento''  della  comunicazione  di  ''sconto  in fattura'' e successivo riversamento del credito già compensato, a fronte di interventi  agevolabili realmente eseguiti, benché in favore di  un soggetto individuato in fattura  con un codice fiscale diverso ­  la sanzione da applicare sia quella prevista dal comma  4 del predetto articolo 13 (credito ''non spettante''), o, piuttosto, quella contemplata dal  successivo comma 5 (credito ''inesistente'').
Si ricorda, anzitutto, che l'articolo 121 del decreto ­legge 19 maggio 2020, n. 34,  convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 17 luglio  2020, n. 77 ­ con riferimento alle spese sostenute negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e  2024, per gli interventi elencati al comma 2 della medesima norma [tra cui figurano quelli  contemplati dall'articolo 119 del medesimo decreto (cd. superbonus)]  ­  al  comma  1,  introduce la possibilità di «optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: 
  • per  un  contributo,  sotto  forma  di  sconto  sul  corrispettivo  dovuto,  fino  a  un  importo  massimo  pari  al  corrispettivo  stesso,  anticipato  dai  fornitori  che  hanno  effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante [...]; 
  •  per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari [...]».
Per quanto di interesse ai fini del presente interpello, la norma in parola precisa  altresì che: «1­bis. L'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Ai fini del presente comma, per gli interventi di cui all'articolo 119 gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno  il 30 per cento del medesimo intervento. [...]
3. I crediti d'imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. Il credito d'imposta è usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione [...]».
A tal  proposito, con  provvedimento  3  febbraio  2022,  prot.  n.  35873, integrato  con le modifiche apportate dal provvedimento 10 giugno 2022, prot. n. 202205, al punto  5, si precisa che «5.1. I cessionari e i fornitori utilizzano i crediti d'imposta di cui al punto 3 esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite dal beneficiario originario. Il credito d'imposta è fruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione, a decorrere dal giorno 10 del mese successivo alla corretta ricezione della Comunicazione di cui al punto 4 e comunque non prima del 1° gennaio dell'anno successivo a quello di sostenimento delle spese. 5.2.  Ai  fini  di  cui  al  punto  5.1:  a)  i  cessionari  e  i  fornitori  sono  tenuti preventivamente a confermare l'esercizio dell'opzione, esclusivamente con le funzionalità rese disponibili nell'area riservata del sito internet dell'Agenzia delle entrate (d'ora in poi definite ''Piattaforma cessione crediti'') [...]».
La  circolare  6  ottobre  2022,  n.  33/E,  al  paragrafo  n.  5,  ha  poi  chiarito  che «I  crediti derivanti da cessioni o sconti validamente comunicati in ciascun mese sono resi disponibili, entro il giorno 10 del mese successivo, nella procedura web denominata ''Piattaforma cessione crediti'' (Piattaforma), accessibile dall'area riservata del sito internet dell'Agenzia delle entrate. Il soggetto che riceve il credito, cessionario o fornitore, può utilizzarlo in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 oppure cederlo ulteriormente nei limiti stabiliti dalle norme succedutesi nel tempo, dopo averlo accettato nella Piattaforma; in caso di errore nella Comunicazione, il soggetto che riceve il credito deve rifiutare la cessione, sempre tramite la Piattaforma. [...]
L'errore ­ o l'omissione ­ relativo a dati della Comunicazione che incidono su elementi essenziali della detrazione spettante e quindi del credito ceduto può essere definito sostanziale (ad esempio, è un errore sostanziale l'errata indicazione del codice  dell'intervento da cui dipende la percentuale di detrazione spettante e/o il limite dispesa, oppure del codice fiscale del cedente).[enfasi aggiunta ndr] .
Al fine di consentire la corretta circolazione dei crediti ed evitare difficoltà ai titolari delle detrazioni, oltre che ai cessionari e ai fornitori, è consentito l'annullamento, su richiesta delle parti, dell'accettazione di crediti derivanti da comunicazioni di prime cessioni o sconti non corrette. Con l'annullamento dell'accettazione del credito il plafond del credito compensabile in capo al cessionario viene contestualmente ridotto del relativo importo. [...]
Il beneficiario della detrazione può inviare una nuova Comunicazione con le consuete modalità, purché non sia scaduto il termine annuale previsto per l'invio della stessa. Nel paragrafo successivo, relativo alla remissione in bonis, sono illustrati i presupposti che consentono l'invio della Comunicazione anche dopo la scadenza del termine ordinario». 
Ciò  premesso,  nella  fattispecie  rappresentata  dall'istante,  anche  a  seguito  dell'esame della documentazione integrativa prodotta, è emerso che: ­
  •  l'istante, pur intestando correttamente al condominio [BETA], le fatture emesse  in data 10 dicembre 2021 e 20 ottobre 2022 ­ rispettivamente con riferimento al primo  e al secondo SAL ­ ed inserendo, nella relativa descrizione dell'oggetto dell'operazione,  la giusta dicitura «Opere di riqualificazione energetica presso condominio [BETA] in  via  [...]  Foglio  [...]  Particella  [...]»,  ha  però  erroneamente  indicato  il  codice  fiscale [...] in luogo di quello corretto; ­
  •  le comunicazioni di ''sconto in  fattura'',  relative ad entrambi i SAL,  risultano  trasmesse, nei mesi di dicembre 2021 e novembre 2022, per conto del codice  fiscale  errato [...]; ­ 
  • a seguito di accettazione del credito originato dalla comunicazione trasmessa,  con  riferimento  al  primo  SAL,  nel  mese  di  dicembre  2021,  l'istante  ha,  quindi,  compensato la totalità dell'importo ricevuto in data 16 febbraio 2022; 
  • l'istante ­ a seguito dell'annullamento della comunicazione, relativa al secondo  SAL, ad opera della Direzione provinciale di [...] ­ preso atto dell'errore commesso, ha  annullato ''totalmente'' l'operazione originaria: a) emettendo, in data 8 dicembre 2022, due note di variazione in diminuzione in  base all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 a totale  ''storno'' delle fatture errate; b)  emettendo,  in  data  9  dicembre  2022,  le  fatture  corrette  relative  al  primo  e  secondo SAL in favore del condominio [BETA]; ­ 
  •  essendo  nel  frattempo terminati i lavori,  è  stata  poi  presentata  per  conto  del  condominio [BETA] una nuova comunicazione di ''sconto in fattura'', per ogni intervento,  senza suddivisione in SAL, che richiama le ''spese sostenute'' nell'anno 2022 e, dunque,  lo sconto concesso all'atto dell'emissione delle fatture datate 9 dicembre 2022.
 Come detto, il credito agevolativo in favore del fornitore si origina solo a seguito  di  accettazione  della  comunicazione  dell'opzione  di  sconto,  concesso  al  beneficiario  originario dell'agevolazione fiscale. Nel  caso  di  specie,  il  credito  compensato  ''si  ricollega''  ad  un  intervento  ­  secondo  quanto  descritto  dall'istante,  realmente  eseguito  e  fatturato  correttamente,  nell'intestazione e nella parte descrittiva ­ con la sola eccezione dell'errata indicazione  del codice fiscale del fruitore dei lavori agevolabili. 
Ciò nondimeno, l'errata indicazione del codice  fiscale, sia nelle  fatture emesse  che nelle comunicazioni inviate, rappresenta un errore sostanziale, che ha reso necessaria  la ''correzione'' dell'operazione ab origine e il riversamento del credito ''indebitamente''  utilizzato, in quanto sorto da una comunicazione poi annullata. 
La  rettifica  dell'operazione  ­  mediante  storno  e  sostituzione  delle  fatture  originarie, oltre all'invio della nuova comunicazione ­ di fatto ha ''rigenerato'' il credito, il  cui presupposto costitutivo (i lavori eseguiti a favore del condominio [BETA]), tuttavia,  può dirsi esistente già dal 2021. 
Invero, benché la nuova comunicazione richiami le spese sostenute nell'anno 2022  e, dunque, lo sconto concesso all'atto dell'emissione delle fatture datate 9 dicembre 2022,  è evidente come l'intervento fatturato resti il medesimo, come si evince dall'intestazione  e dalla parte descrittiva delle fatture stornate. 
Conseguentemente, il credito in parola può dirsi ''reale'', benché ''correttamente''  maturato solo a seguito dell'accettazione della comunicazione della nuova opzione di  sconto e, dunque, ''non spettante'' al momento della compensazione eseguita a febbraio  del 2022. 
Stante quanto sopra, la sanzione applicabile al caso di specie è quella disposta  dall'articolo  13,  comma  4,  del  decreto  legislativo  n.  471  del  1997,  che,  come  detto,  punisce l'«utilizzo di [...] un credito d'imposta esistenti [...] in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti», ovvero, nel caso di specie, prima dell'invio della  comunicazione corretta. La  sanzione in  parola  resta,  comunque,  ravvedibile  ex  articolo  13  del  decreto  legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e ­ fino al 30 settembre 2023 ­sanabile anche tramite  il c.d. ravvedimento ''speciale'', nei termini e con le modalità disciplinate dall'articolo 1,  commi da 174 a 178, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.